Con il patrocinio del Comitato Nazionale per il Centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini
In occasione dei cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, mentre siamo ormai ben dentro al terzo millennio, rimane imprescindibile ripensare il ruolo che nella seconda metà del secolo scorso ha avuto quella che, per Alberto Granese, è stata la sua personalità più emblematica, un irripetibile idealtipo di intellettuale.
Il titolo del lavoro monografico, Pasolini. L’esercizio della ragione e del dovere, è un adattamento di: «esercizio del dovere / politico come esercizio di ragione», tra gli ultimi versi di Progetto di opere future, composizione in terzine uscita su «Nuovi Argomenti», marzo-giugno 1964, con diverse ibridazioni dantesche, poi pubblicata come settima e ultima sezione di Poesia in forma di rosa (1964). Come proprio questo lascia intendere, Granese prende provocatoriamente le distanze dalle “vulgate” pasoliniane, fitte dei soliti lemmi (il corpo, la vitalità, il narcisismo, l’omosessualità, l’assassinio), sollecitati da morbose curiosità scandalistiche e illustrati da doviziosi corredi fotografici, a cui pure Pier Paolo indulgeva, per porre al centro del suo discorso critico la “vera” sostanza etica, artistica, culturale del più grande poeta civile italiano, dopo Ugo Foscolo.
Dal ritmo rapido dei tagli esegetici essenziali, in forma di strutture organiche e compatte, senza concessioni a usurati schemi biografici e a ovvie ripartizioni di generi, emerge in primo piano il complesso e articolato rapporto delle figure del sacro (il Cristo del Discorso sulla Montagna, San Paolo) con il mondo reale e delle immagini del profondo (archetipi, scenari onirici) con il mondo mitico, tutte da Pasolini sentite come ineliminabili e paradossalmente contemporanee.
Smentendo l’errata convinzione che le sue opere non sarebbero sopravvissute alla sua presenza fisica, l’indagine di Granese restituisce soprattutto alle nuovissime generazioni la solida statura di un pensatore e scrittore geniale, che può ancora parlare al nostro tempo, le cui radici esistenziali e culturali sono legate, insieme con la Commedia di Dante, all’originale filologia di Gianfranco Contini, alla rabdomantica ermeneutica di Giacomo Debenedetti, alle rivoluzionarie riflessioni di Antonio Gramsci: tra le espressioni più alte della Modernità.