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I sistemi connettivi della poetica leopardiana del “margine”, che diventa spazio di apertura, dove la profondità è assoluta, vengono indagati da Loredana Castori nelle tre parti in cui è strutturato il suo lavoro monografico, Giacomo Leopardi: il centro e il margine, secondo un discorso critico integrato da ampie coordinate esegetiche. Dalle connotazioni simboliche dello stato di meditazione lirica negli antecedenti petrarcheschi, lungo un variegato percorso sullo sfondo di un paesaggio emblematico, l’esplorazione si sposta dal “centro” alla “linea d’ombra” del testo poetico, nell’ermeneutica di altre forme espressive (Canova, Tenerani), nella decrittazione dei significati nascosti e nel loro rovesciamento sarcastico e parodico (Paralipomeni), fino al limite estremo del magico e del fantastico (“operetta morale” di Ruysch). Dopo un attraversamento inedito della “lettura” di Vincenzo Monti da parte di Francesco De Sanctis, secondo il paradigma ermeneutico leopardiano, si giunge alla poesia della Modernità con Eugenio Montale e l’«oltre» del suo “sguardo”, Clemente Rebora intento a varcare le soglie dell’Infinito, Pier Paolo Pasolini e i segni della sua complessa semiosi, Andrea Zanzotto e la poetica della ricordanza.